martedì 6 aprile 2021

È meglio il film


Quale lettore, almeno una volta nella vita, non ha provato il bruciante desiderio di poter parlare con i propri personaggi preferiti? 

Chi non ha mai pensato “ah, se solo potessi uscire fuori da queste pagine”, chi non ha mai sperato di poter vedere davanti a sé i propri beniamini, in carne ed ossa? 

Ma sarebbe davvero così fantastico come crediamo?
E se, con loro, uscisse fuori anche qualcos’altro?


Cornelia Funke, in questo primo capitolo della trilogia “Il Mondo d’Inchiostro”, si addentra nella mente e nei desideri di tutti i lettori, regalandoci una storia accattivante e ricca di personaggi.
Il suo è un Metalibro, una storia nella storia: un libro che parla di personaggi usciti da un libro, che però si trova all’interno del libro stesso, e che si trovano a muoversi un un mondo completamente diverso ma che è anch’esso parte di un libro.
Un lavoro da mind blown, assolutamente.
Ho trovato veramente interessante l’idea e l’impostazione grafica che l’autrice ha voluto dare al proprio lavoro (ogni capitolo è corredato da una citazione tratta da diversi altri libri), ma ci sono stati alcuni aspetti che non mi hanno convinta al 100%.


Premessa: ho scoperto dell’esistenza di questa storia dopo aver visto l’omonimo film del 2008, con Brendan Fraser e Paul Bettany, e avremo modo di parlare anche di quest’aspetto. L'ho rivisto di recente, per farmi un'idea precisa e poi parlarvene.

Nonostante siano molte le differenze tra libro e film, com’è normale che sia a grandi linee, credo che, dal punto di vista di storia e personaggi, il film abbia un punto in più rispetto al libro.

Ma andiamo con ordine.

In questo caso, è impossibile, per me, parlare dei personaggi senza creare parallelismi con le loro trasposizioni su schermo.
Il grande pregio della Funke è l’essere riuscita a creare dei personaggi umani: non sono mai completamente chiari o scuri (tranne quelli dichiarati come tali, i cosiddetti “cattivi”, come Capricorno). Si mantengono quasi sempre in zone d’ombra, sbagliano, a volte agiscono ingenuamente, altre sono coraggiosi ed impavidi…sono queste sfaccettature a renderli interessanti.
Purtroppo, anche su questo fronte, non sono riusciti a convincermi completamente.

MAGGIE


Viene considerata come la protagonista, occupando praticamente la maggior parte della narrazione all’interno del libro. È forse il personaggio che mi è piaciuto di meno: a volte è troppo matura per una bambina di appena 12 anni, ma non è stato quest’aspetto a disturbarmi. A tratti si rivela essere un po’ antipatica e non sono riuscita ad entrare in sintonia con lei.

ELINOR


Lei, pur essendo un personaggio secondario, mi ha colpito di più, rispetto a Maggie. Ha avuto una crescita che mi ha sorpreso, ben scritta e assolutamente non improvvisa.
Ha un’ironia pungente, ma la sua innata testardaggine la porta ad agire con estrema ingenuità, a volte troppa.
In linea generale mi è piaciuta molto.

MO


Lui è l’unico personaggio che non sono riuscita ad inquadrare.
Nonostante la sua posizione principale, credo che rimanga un personaggio marginale e abbastanza funzionale alla narrazione. Non mi è dispiaciuto, ma non sono riuscita ad apprezzarlo appieno.
Peccato, mi sarebbe piaciuto saperne di più.

Ma veniamo al best of: Capricorno e Dita di Polvere.
Questi sono i personaggi in cui ho notato evidenti differenze con la loro interpretazione su schermo.

CAPRICORNO


Se nel libro viene presentato come il più meschino e crudele tra gli uomini e da tale si comporta, nel film perde questa sua “brillantezza”. Viene molto schiarito nella riscrittura e anche l’interpretazione di Andy Serkis (Gollum/Sméagol ne “Il Signore degli Anelli”) è molto contenuta, il personaggio perde quelle che erano le sue tinte più oscure. Piuttosto che un predatore, è un gatto che finge di essere un leone.


DITA DI POLVERE


Potrei passare le ore a parlarvi di quanto avessi amato questo personaggio la prima volta che lo vidi.
Paul Bettany (“Visione” in qualsiasi film/serie tv Marvel voi abbiate visto) aveva restituito un personaggio sfaccettato e misterioso che, purtroppo, non ha lo stesso smalto tra le pagine in cui nasce.
Se per Capricorno il libro rappresenta l’essenza vera del personaggio, per Dita di Polvere questo non accade (almeno per quelle che sono le mie impressioni).
È certo che all’interno della storia il personaggio è più umano e sfaccettato, ma perde dell’anima che Bettany era riuscito a regalargli.


Anche gli intrecci della trama non mi hanno aiutato ad apprezzare la storia: in quasi 500 pagine gli avvenimenti effettivi che accadono sono pochi, l’azione è molto dilatata e anche il finale è stato chiuso in modo frettoloso.
Da questo punto di vista, la riscrittura fatta per il film è quella che da il punto in più: certo, non è completamente aderente a tutti gli avvenimenti del romanzo, e vengono inseriti elementi che danno un po’ più di pepe al tutto, ma funziona alla grande.  Si evitano molti loop e si da più spazio al finale. 

Sono sempre stata una di quelle che “il libro è meglio perché…” ed iniziava ad elencare i tremila motivi per cui non c’era proprio possibilità di confronto, ma, in questo caso, lo devo dire: credo che il film sia meglio.



Ma il più grande ostacolo per me, in questa lettura, è stato lo stile di scrittura.
La Funke scrive in maniera densa come melassa, il suo stile è pieno e ricco. Se in certi casi questo può essere un bene, in altri non lo è per niente: la lentezza degli avvenimenti, sommata al suo stile carico,  è stata deleteria per me.
Il suo stile è così denso che ha fatto scemare il mio iniziale entusiasmo per questa storia.
Anche le citazioni a inizio capitolo si sono rivelate un’arma a doppio taglio: non facevano altro che rallentare ulteriormente la mia già lenta lettura, così per le ultime 150 pagine circa le ho completamente saltate (non me ne vogliate, ma non ce la potevo proprio fare).

Tutto sommato è stata una lettura piacevole, “da ombrellone” come l’hanno definita su Goodreads, ma non mi ha lasciato molto. Non penso di leggere i seguiti, anche se la mia innata curiosità mi porta a voler capire cosa succederà.
Probabilmente, se fossi stata più piccola l’avrei apprezzato di più e un po’ mi dispiace, perché l’idea dietro si sarebbe potuta sviluppare splendidamente.

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