martedì 13 luglio 2021

Una nuova canzone suona sul campo di battaglia.

 


Amo la mitologia, da sempre.

Ho avuto la fortuna di avere una nonna magica che mi raccontava storie di dei ed eroi, al posto delle solite favole.

Mi sento di dire che sono nata in mezzo ai racconti e alle avventure più note della Grecia antica.
Capite bene che non potevo non approcciare la lettura di questo libro, vero?

“La Canzone di Achille” racconta la storia di uno tra i più grandi antichi eroi e del suo amato compagno d’armi, partendo dagli albori fino ad arrivare ad una delle più sanguinose e conosciute guerre della storia greca.
È un retelling delicato, ricco. 
Personaggi epici ma raccontati con le fragilità, le emozioni e l'impeto di esseri umani, pieno di una visione dell’amore totalizzante e unica, una delle più antiche della storia della letteratura occidentale.

 È un’amore fuori dal tempo, controcorrente ed impetuoso.


Questa storia mi ha affascinato e intrattenuto in modo inaspettato: è Patroclo stesso il nostro narratore, colui che ci accompagnerà durante tutta la vicenda.
Il cambio di focus è stato un elemento che ho enormemente apprezzato: Patroclo è pienamente umano, delineato sotto ogni punto di vista. Mostra le fragilità e le insicurezze di un ragazzo, e poi di un uomo, che si trova a vivere all’ombra di una figura imponente e totalizzante come Achille. 


Mi è piaciuto tantissimo il personaggio di Patroclo: dolce, amorevole, contrasta e si distacca dallo sfondo di guerrieri e uomini orgogliosi. In una società bellicosa e di forti valori, Patroclo è un’anima pura, intatta e sincera come poche.
È semplicemente umano e questo crea un contrasto perfetto con la schiera di eroi potenti e semidivini.

Anche il suo rapporto con Achille è una piccola oasi di pace in una vita dettata dalla volontà delle Parche: l’autrice non ha stravolto il loro rapporto, l’ha intensificato, rendendolo nocciolo centrale della narrazione.
Ma è proprio l’aristos achaion, il grande eroe Achille, che mi è mancato all’interno della storia: nonostante il titolo possa essere fuorviante, la figura di Achille è costantemente filtrata dall’occhio di Patroclo.

Se, da una parte, la scelta di fare di Patroclo l’unico narratore è, a mio parere, azzeccatissima, il punto di vista di Achille mi è mancato. Il titolo è “La canzone di Achille”, ma della vera essenza del grande eroe greco, dei suoi pensieri, dei suoi veri desideri, vediamo e conosciamo davvero ben poco.
La lente dell’amore filtra inevitabilmente la figura di Achille: mi sarebbe piaciuto forse di più se avessimo avuto anche un altro punto di vista, diverso da quello a cui la Miller ci ha abituati fin dall’inizio del romanzo.
Parlarvi di questo libro non mi è facile, per niente.
Speravo davvero che mi piacesse e le mie aspettative erano alle stelle, come spesso accade con i libri di cui sento parlare soltanto bene. Purtroppo, devo confessarvi che “La canzone di Achille” non è riuscito a prendermi totalmente.
Una volta finito ho sentito che effettivamente mancava qualcosa, ma, ad oggi, ancora non riesco a capire cosa.  Forse il fatto di conoscere bene il poema originale non ha aiutato, andando ad annientare il fattore sorpresa del finale: la Miller non è riuscita a suscitare in me il fattore “colpo di scena”.
Mi spiego meglio: non sono riuscita a pensare che le cose potessero cambiare, conoscendo già il finale della storia. So che è difficile con un materiale così conosciuto e studiato come l’Iliade, ma ho letto diverse recensioni in cui l’ “effetto sorpresa” non è mancato.
Con questo non voglio dire che non sia riuscita ad emozionarmi, anzi, però non sono arrivati i lacrimosi che molti mi avevano prospettato sul finale.

Ciò non toglie che questa sia una storia che merita di essere letta e amata.
Scorre via con una delicatezza disarmante, semplice ma non banale. Si scopre molto sulla vita di Patroclo prima di Achille, dettagli nuovi, che arricchiscono senza appesantire.
Lo stile è scorrevole, semplice, tutto fuorché epico, come ci aspetterebbe lavorando conquisto tipo di materiale: la Miller riesce a coinvolgere il lettore, trascinandolo nella storia e facendogli rivivere le emozioni di Patroclo sulla propria pelle. Si sente forte l’amore e l’ammirazione verso Achille, il conflitto che prova vedendolo cambiare, accecato dall’onore e dall’orgoglio. 
“La Canzone di Achille” è un libro perfetto per chi vuole avvicinarsi alla mitologia greca ma è sempre stato spaventato dalla mole di un’opera imponente come l’Iliade; per chi vuole sentirsi vicino ai protagonisti ed evitare il filtro di Omero e la sua scrittura epica e spesso complessa, questo libro è assolutamente quello che fa per voi. 

martedì 6 luglio 2021

Jessica Townsend non sbaglia un colpo (Hollowpox: a caccia di Morrigan Crow)



Riuscire a rendere oggettivo ciò che penso di questo libro è estremamente difficile per me, oltre che riduttivo: definirlo "una perla rara all'interno dell'oceano della letteratura per ragazzi" forse rende maggiormente l’idea.


Questo libro è perfetto, in ogni sua singola parte, non cambierei assolutamente nulla. 

Sembra che Jessica Townsend non sbagli un colpo: ogni volume di questa saga è sempre magicamente nuovo, fresco, mantenendo però la capacità di incantare il lettore e tenerlo incollato alle pagine. Mai ripetitiva, ma sempre originale, eccentrica ed estremamente creativa: Jessica Townsend rientra sicuramente nell'Olimpo dei miei scrittori preferiti. 

Ogni nuovo libro delle avventure di Morrigan Crow è una piccola ma importantissima aggiunta alla creazione di questo meraviglioso e vasto universo. 

 Ho. Amato. Questo. Libro. Alla. Follia. 

Mettendo per un secondo da parte l’amore incondizionato che provo nei confronti di questa serie, il suo terzo capitolo mi ha ammaliata tanto quanto i primi due, se non forse di più.
L’ho divorato e ne vorrei ancora, e ancora, e ancora.
E ancora. 


Tornare a Nevermoor è stato come rientrare a casa dopo un viaggio lungo e stancante: è stata una gioia immensa rivedere tutti e sprofondare ancora di più nel mondo creato dalla Townsend, immergendomi completamente.
Nevermoor, posso dirlo con certezza ormai, rientra sicuramente nei miei luoghi letterari preferiti e in cui amerei vivere.
Con questo terzo capitolo, infatti, il regno più importante dello Stato Libero estende ulteriormente i propri confini, pululanti di nuovi segreti e misteri da scoprire.
Si va in profondità, nella storia dei Wundermaker e della Società, e ho adorato avventurarmi tra le pagine, sempre curiosa di sapere cos’altro mi avrebbe riservato la magica Wunsonc e la mia amatissima Morrigan.
Nuove avventure, colpi di scena, ma anche riflessioni, crescita, scoperte sensazionali e tanto divertimento: all'interno di questo terzo volume della serie c'è tutto quello a cui la Townsend ha abituato i propri lettori fin dall’inizio, con un pizzico di novità e di magia in più.

A parte l’immensa felicità che mi ha regalato, questo libro mi ha anche profondamente stupita: nonostante abbia come target principale i bambini e ragazzi, la storia del terzo volume tratta tematiche attuali e anche molto complesse, in modo estremamente maturo e delicato. 

Razzismo, parità, paura del diverso, necessità di unione, fratellanza: la piccola Morrigan crescerà tanto tra le pagine, come persona e Wundermaker, e il lettore insieme a lei.
Riscoprirà il forte valore dell’amicizia, colonna portante degli altri volumi e di tutta la Wunsoc, e di ciò che significa per lei. Si troverà a fronteggiare pericoli e problemi dell’età adulta, farà i conti con l’ipocrisia e i lati oscuri del mondo che la circonda, capendo che non sempre tutto è come appare.
Non ho mai trovato tanta attualità in un fantasy per ragazzi: mentre leggevo, sentivo di aver vissuto ciò che Morrigan stava vivendo e questo mi ha portato ad essere ancora di più in empatia con lei.
Sono pochi i romanzi per ragazzi che riescono a trattare temi così “adulti” e difficoltosi con tanta maestria.

La Townsend è una maestra della narrazione: una Tessitrice di parole, che è riuscita a creare un universo vasto e profondo, tutto da esplorare.
La sua scrittura è delicata e coinvolgente, in un battito di ciglia sei già completamente immers* e nemmeno te ne sei accorto. 

Riesce a creare un mondo stupefacente con semplicità: la sua creatività è genuina e si sente tra le pagine. Il lettore avverte quanta importanza e quanto amore ci sia stato dietro la creazione dell'universo e dei personaggi di Nevermoor e non può far altro che amarli altrettanto profondamente. 

Datemi il quarto volume! Ne ho bisogno!

lunedì 21 giugno 2021

A volte, è meglio dimenticare


 



Addie LaRue non è un brutto libro, né quella raccontata è una brutta storia: come per ogni cosa, non si riduce tutto a “bello” o “brutto” e, per me, non solo sarebbe impossibile farlo, ma sentirei di fare un torto a me stessa non parlandone approfonditamente.

Le mie aspettative su questo libro erano alte, inutile negarlo. Quando la Schwab, una delle mie autrici preferite, lo annunciò ero estremamente felice e profondamente incuriosita.
Avevo amato alla follia la trilogia di “A Darker Shade of Magic” (no spoiler, mi manca ancora l’ultimo libro, ma è in lista) e non vedevo l’ora di sapere di più sulla chiacchieratissima Addie LaRue. In rete non si parlava d’altro, è stato sulla mia home di Instagram per settimane intere. Tutti la amavano, prima e dopo la sua uscita.
La mia enorme curiosità mi spingeva sempre di più a leggerlo.
È stato in libreria per mesi e poi, finalmente, l’ho letto.

È necessario, però, fare un piccolo disclaimer: il periodo in cui ho letto questo libro non è stato sicuramente dei più felici, con poco tempo per leggere e pieno di cose da fare. Questo sicuramente non ha reso la mia lettura più facile e ha, ovviamente, avuto delle ripercussioni sulla scorrevolezza, ma cercherò di essere il più oggettiva possibile.

Non è facile, per me, scrivere questa recensione, sarò sincera.

Non so bene da dove partire: di veramente innovativo, in questa storia, non c’è poi molto.
Addie è una ragazza d’altri tempi, con una vita frenetica: vediamo la sua storia dipanarsi tra passato e presente, tra incontri e continue fughe. È costretta a vivere da esule, senza alcun tipo di legame, obbligata ad abbandonare tutto ciò che conosce a causa della sua maledizione: una vita immortale ma dimenticata non appena si distoglie lo sguardo.

La vediamo correre tra epoche diverse, incontri inaspettati e, soprattutto, mancanze.
La solitudine di Addie è una costante con cui si troverà spesso a dover fare i conti.
Nonostante la sua lunga esistenza, così amara e travagliata, dolorosa e triste, Addie è una figura intermittente nella sua stessa storia. Non sono riuscita a percepire la sua emotività. In alcuni punti l’ho trovata molto più “presa”, più calata negli eventi che vive, mentre in altri era completamente assente.

Alcune parti nella vita di Addie mi sono sembrate quasi dei riempitivi: non apportavano nulla alla trama, come se fossero lì per fare “numero” più che regalare qualcosa di concreto al lettore.
La struttura stessa del libro, anche a causa di questi momenti nella narrazione, risulta molto ripetitiva e rallenta un ritmo già di per sé abbastanza fiacco, quasi pesante in alcuni punti.
Non vi nascondo che sono stata davvero tentata di saltare alcune pagine, pur di andare avanti e finire questa storia.
Sicuramente non ho sentito la solita passione che avverto quando un libro mi prende totalmente: non mi sono sentita accolta.

L’essere dimenticati è forse la più grande paura del genere umano.
Tutti noi abbiamo il terrore che nessuno si ricordi di noi, di venire abbandonati, di non lasciare un segno: “La vita invisibile di Addie LaRue” parla proprio di questo.
Purtroppo, non mi sento di dire che la Schwab sia riuscita a lasciare un segno con questo libro.
È una storia che rimane in superficie, non si sbilancia: è quasi esteriore, non riesce ad entrare nel cuore del lettore. O, per lo meno, non è riuscita ad entrare nel mio.
Anche lo stile di scrittura non mi ha convinta al cento per cento: è più ricco ma, al contempo, costruito. Non ho ritrovato la genuinità della Victoria Schwab che ho sempre amato e questo mi porta a dire che “l’esperimento Addie LaRue” sia fallito miseramente. 

venerdì 18 giugno 2021

Illuminae Files_01

 Quando un lettore si imbatte in un’opera (perché c’è da dirlo: è di una vera e propria "Opera" stiamo parlando) come Illuminae, le cose che possono accadere sono soltanto due: che si innamori follemente o che la odi fin nel profondo. 
Il mio caso è assolutamente il primo. Nessuno si aspetta quello che questo volume regala al lettore, è pressoché impossibile. Questo non è solo un libro, o una semplice storia: è un progetto artistico  che va al di là del libro e della storia in sé. È un piccolo gioiello cartaceo.

Di Illuminae ho amato ogni singolo dettaglio: dal formato, all’impaginazione, passando per la storia e gli intrecci della trama.
Ogni aspetto è perfettamente calibrato, si unisce in totale armonia al resto, nulla è fuori posto, nemmeno un singolo atomo di questo vastissimo universo.
Illuminae, per me, è stato un viaggio emozionale, oltre che spaziale: sono stata trascinata in un vortice di sentimenti forti, totalizzanti, completamente nuovi e sconosciuti.
Sono stata invasa da sensazioni mai provate prima, che mi hanno sommersa, come una marea. 
Mi sono trovata catapultata tra le stelle in mezzo al Grande Buio, tra colonie umane, salvataggi impossibili e fughe contro il tempo.
La trama si dipana facendosi largo tra distruzione, segreti di stato, hackeraggi e viaggi spaziali. C’è un plot twist dietro l’altro, mai banale, stupefacente ed intricata.
Quando mi sono approcciata a questa lettura non sapevo esattamente cosa aspettarmi: rincorrevo questo libro da anni, tra librerie in cui il primo volume era costantemente mancante e vendite online dal prezzo esuberante.
Però questo mi ha dato la possibilità di essere calata totalmente in ciò che succedeva, senza riserve né resistenze: solo una grandissima voglia di capire perché tutti amassero follemente questa trilogia.

Mi sono sentita impotente davanti alla magnificenza e alla vastità dell’Universo sconfinato.
Ho viaggiato su di una vera nave spaziale, insieme a Kady, provando sulla mia pelle ciò che lei sentiva sulla sua: mi sono sentita Kady dal momento zero, ho empatizzato con lei, avvertito forte le sue emozioni, come scariche di adrenalina.
Personaggi scritti con una naturalezza e spontaneità disarmanti nei loro sentimenti e nei loro impulsi: è praticamente impossibile non empatizzare, sentirsi coinvolti, presi totalmente da ciò che accade.

Estro e creatività che si uniscono alla scienza: un connubio ben studiato, bilanciato,  pensato nei dettagli delle sue interazioni. Quando due menti si uniscono sulla stessa lunghezza d’onda creano qualcosa di assolutamente straordinario.
Nonostante le prime cento pagine non siano poi così scorrevoli, vuoi perché la particolarità di questo libro impatta sul lettore e lo lascia senza fiato, vuoi per una lentezza oggettiva, il resto è scivolato via come acqua fresca: uno stile veloce, che si legge come un soffio di vento. Due penne che si miscelano, creando un connubio in cui è praticamente impossibile trovare anche la più minima delle differenze.
Sono menti e parole in armonia, ed è sempre una meraviglia, per i lettori, trovare libri a quattro mani scritti in questo modo.

Illuminae  è un’avventura per i più temerari, quelli che non hanno paura di lanciarsi nel vuoto senza paracadute: è innovativo, unico, totalizzante.
Se non lo avete ancora fatto, leggetelo.
Non ve ne pentirete.

lunedì 10 maggio 2021

Aurora Rising: avventure nello spazio

 


Ami lo spazio e le sue profondità? Ti piacciono le esplorazioni, i misteri e le nebulose? Sei pronto per essere accompagnato dal team di eroi più anticoncezionale della galassia conosciuta? Allora la Squadra 312 dell’Accademia Aurora è proprio ciò che fa per te!

Dopo l’avventura con Inkheart, che mi aveva svuotato dalle energie, vista la mole e lo stile densissimo della Funke, sentivo di aver bisogno di qualcosa di leggero, che scorresse bene e che mi coinvolgesse. Aurora Rising è stata una scoperta piacevole e soprattutto inaspettata: fresco, leggero, scorrevole ed avvincente.
Ho letto pochi sci-fi nella mia vita da lettrice, più che altro perché credevo che non fosse un genere che potessi apprezzare appieno: come mi sbagliavo!
Aurora Rising è un libro che cala il lettore nella storia, completamente: è ricco di azione, fin dal primo capitolo, la trama è articolata (seppur con qualche cliché, ma quale libro non ne ha)…insomma, sono davvero tantissimi gli aspetti di questo libro che mi hanno fatto innamorare!
Ma andiamo con ordine.
 
La trama è un vero e proprio viaggio: alla scoperta di sé e dell’universo, scoprendo ad ogni parsec un pezzetto di un puzzle tutto da scoprire.
Non posso rivelarvi molto, sono una frana con gli spoiler (!), ma vi dico che l’azione e i colpi di scena sono all’ordine del giorno!
Plot twist e un finale bomba: cosa volete di più?!

Questo primo capitolo mi ha emozionata, tenuto con l’acqua alla gola, fatta divertire e volare nello spazio insieme al gruppo più anticonvezionale che ci sia.
La Squadra 312 mi ha accolta e mi ha fatto sentire a casa fin dal primo momento, per me è stato un enorme piacere volare tra le stelle con loro: alcuni mi sono piaciuti di più, altri di meno, ma formano una squadra di coraggiosi e che vale la pena conoscere.
Devo, però, “dare a Cesare quel ch’è di Cesare” e spendere due parole sul mio preferito: Finian.
Finian è stato per me un amore infinito, fin dal primo momento: la sua ironia sottile e i suoi tormenti mi hanno conquistata. I suoi POV sono stati i miei preferiti e non vedo l’ora di sapere di più su di lui!

C’è però un aspetto che proprio non mi è andato giù: l’odore di instalove che c’è stato. Il romance non mi ha convinto per niente: è stato affrettato, un po’ lasciato al caso rispetto all’accuratezza di tutto il resto. Avrei sicuramente apprezzato di più vedere la nascita dei rapporti, con uno sviluppo…ma così proprio no

È stato il primo libro del magico duo Kaufman-Kristoff in cui mi sono imbattuta e ho adorato il modo in cui i loro stili si sono fusi insieme. Ha del sorprendente l’armonia che si è creata tra loro e una scorrevolezza che difficilmente si trova in altri libri scritti a quattro mani. Il ritmo è perfetto, gli eventi si susseguono uno dopo l’altro, lasciando il giusto tempo al lettore per metabolizzare i colpi di scena e le scoperte che fa insieme alla squadra 312. L’azione e la narrazione sono calibrate magnificamente, “perfettamente bilanciate. Come tutto dovrebbe essere” (cit.)

Tutto sommato, è stato un viaggio che mi ha divertito e appassionato: non sarà un libro perfetto, e ha i suoi cliché, ma è sicuramente un ottimo inizio.
Ho già il secondo capitolo (scovato per puro caso da Libraccio) pronto in libreria che mi aspetta! Non vedo l’ora di poterlo leggere!

martedì 6 aprile 2021

È meglio il film


Quale lettore, almeno una volta nella vita, non ha provato il bruciante desiderio di poter parlare con i propri personaggi preferiti? 

Chi non ha mai pensato “ah, se solo potessi uscire fuori da queste pagine”, chi non ha mai sperato di poter vedere davanti a sé i propri beniamini, in carne ed ossa? 

Ma sarebbe davvero così fantastico come crediamo?
E se, con loro, uscisse fuori anche qualcos’altro?


Cornelia Funke, in questo primo capitolo della trilogia “Il Mondo d’Inchiostro”, si addentra nella mente e nei desideri di tutti i lettori, regalandoci una storia accattivante e ricca di personaggi.
Il suo è un Metalibro, una storia nella storia: un libro che parla di personaggi usciti da un libro, che però si trova all’interno del libro stesso, e che si trovano a muoversi un un mondo completamente diverso ma che è anch’esso parte di un libro.
Un lavoro da mind blown, assolutamente.
Ho trovato veramente interessante l’idea e l’impostazione grafica che l’autrice ha voluto dare al proprio lavoro (ogni capitolo è corredato da una citazione tratta da diversi altri libri), ma ci sono stati alcuni aspetti che non mi hanno convinta al 100%.


Premessa: ho scoperto dell’esistenza di questa storia dopo aver visto l’omonimo film del 2008, con Brendan Fraser e Paul Bettany, e avremo modo di parlare anche di quest’aspetto. L'ho rivisto di recente, per farmi un'idea precisa e poi parlarvene.

Nonostante siano molte le differenze tra libro e film, com’è normale che sia a grandi linee, credo che, dal punto di vista di storia e personaggi, il film abbia un punto in più rispetto al libro.

Ma andiamo con ordine.

In questo caso, è impossibile, per me, parlare dei personaggi senza creare parallelismi con le loro trasposizioni su schermo.
Il grande pregio della Funke è l’essere riuscita a creare dei personaggi umani: non sono mai completamente chiari o scuri (tranne quelli dichiarati come tali, i cosiddetti “cattivi”, come Capricorno). Si mantengono quasi sempre in zone d’ombra, sbagliano, a volte agiscono ingenuamente, altre sono coraggiosi ed impavidi…sono queste sfaccettature a renderli interessanti.
Purtroppo, anche su questo fronte, non sono riusciti a convincermi completamente.

MAGGIE


Viene considerata come la protagonista, occupando praticamente la maggior parte della narrazione all’interno del libro. È forse il personaggio che mi è piaciuto di meno: a volte è troppo matura per una bambina di appena 12 anni, ma non è stato quest’aspetto a disturbarmi. A tratti si rivela essere un po’ antipatica e non sono riuscita ad entrare in sintonia con lei.

ELINOR


Lei, pur essendo un personaggio secondario, mi ha colpito di più, rispetto a Maggie. Ha avuto una crescita che mi ha sorpreso, ben scritta e assolutamente non improvvisa.
Ha un’ironia pungente, ma la sua innata testardaggine la porta ad agire con estrema ingenuità, a volte troppa.
In linea generale mi è piaciuta molto.

MO


Lui è l’unico personaggio che non sono riuscita ad inquadrare.
Nonostante la sua posizione principale, credo che rimanga un personaggio marginale e abbastanza funzionale alla narrazione. Non mi è dispiaciuto, ma non sono riuscita ad apprezzarlo appieno.
Peccato, mi sarebbe piaciuto saperne di più.

Ma veniamo al best of: Capricorno e Dita di Polvere.
Questi sono i personaggi in cui ho notato evidenti differenze con la loro interpretazione su schermo.

CAPRICORNO


Se nel libro viene presentato come il più meschino e crudele tra gli uomini e da tale si comporta, nel film perde questa sua “brillantezza”. Viene molto schiarito nella riscrittura e anche l’interpretazione di Andy Serkis (Gollum/Sméagol ne “Il Signore degli Anelli”) è molto contenuta, il personaggio perde quelle che erano le sue tinte più oscure. Piuttosto che un predatore, è un gatto che finge di essere un leone.


DITA DI POLVERE


Potrei passare le ore a parlarvi di quanto avessi amato questo personaggio la prima volta che lo vidi.
Paul Bettany (“Visione” in qualsiasi film/serie tv Marvel voi abbiate visto) aveva restituito un personaggio sfaccettato e misterioso che, purtroppo, non ha lo stesso smalto tra le pagine in cui nasce.
Se per Capricorno il libro rappresenta l’essenza vera del personaggio, per Dita di Polvere questo non accade (almeno per quelle che sono le mie impressioni).
È certo che all’interno della storia il personaggio è più umano e sfaccettato, ma perde dell’anima che Bettany era riuscito a regalargli.


Anche gli intrecci della trama non mi hanno aiutato ad apprezzare la storia: in quasi 500 pagine gli avvenimenti effettivi che accadono sono pochi, l’azione è molto dilatata e anche il finale è stato chiuso in modo frettoloso.
Da questo punto di vista, la riscrittura fatta per il film è quella che da il punto in più: certo, non è completamente aderente a tutti gli avvenimenti del romanzo, e vengono inseriti elementi che danno un po’ più di pepe al tutto, ma funziona alla grande.  Si evitano molti loop e si da più spazio al finale. 

Sono sempre stata una di quelle che “il libro è meglio perché…” ed iniziava ad elencare i tremila motivi per cui non c’era proprio possibilità di confronto, ma, in questo caso, lo devo dire: credo che il film sia meglio.



Ma il più grande ostacolo per me, in questa lettura, è stato lo stile di scrittura.
La Funke scrive in maniera densa come melassa, il suo stile è pieno e ricco. Se in certi casi questo può essere un bene, in altri non lo è per niente: la lentezza degli avvenimenti, sommata al suo stile carico,  è stata deleteria per me.
Il suo stile è così denso che ha fatto scemare il mio iniziale entusiasmo per questa storia.
Anche le citazioni a inizio capitolo si sono rivelate un’arma a doppio taglio: non facevano altro che rallentare ulteriormente la mia già lenta lettura, così per le ultime 150 pagine circa le ho completamente saltate (non me ne vogliate, ma non ce la potevo proprio fare).

Tutto sommato è stata una lettura piacevole, “da ombrellone” come l’hanno definita su Goodreads, ma non mi ha lasciato molto. Non penso di leggere i seguiti, anche se la mia innata curiosità mi porta a voler capire cosa succederà.
Probabilmente, se fossi stata più piccola l’avrei apprezzato di più e un po’ mi dispiace, perché l’idea dietro si sarebbe potuta sviluppare splendidamente.

martedì 19 gennaio 2021

E' domenica

 


È domenica.

Una sonnacchiosa domenica pomeriggio di Gennaio, come tante e tante altre: fredda, offuscata dal sonnolento far niente, scura ancor prima che siano le sei di

Anche il crepuscolo è stanco, ha bisogno di dormire e riposare le sue ali fiammeggianti, lasciando il posto al tenue violetto e al blu profondo della malinconia.
Qualche nuvola sparsa continua ad addensarsi nel cielo.
Forse pioverà.
L’aria è carica di promesse, tutti si aspettano che l’acqua arrivi a lavare via tutta la stanchezza accumulata durante questa settimana, creando nuove strade e possibilità per questa città in attesa.

Dal pouf sotto la mia finestra si vedono tagli di calore in mezzo al nero: luci calde passano dai vetri delle finestre, che variano dall’ocra al più pigro arancio, chiuse contro la morsa del freddo tagliente di Gennaio.
Mille sfumature che si aprono su attimi di vita, trattengono il calore delle risate, della calma e della serenità della domenica.
Le luci dei palazzi tutte intorno sembrano venir giù come un temporale, spezzando la monotonia dell’oscurità che continua a calare.

Sono questi i momenti che amo.
Quando cala la sera e le case, i palazzi, si animano di vita.
Dall’esterno lo spettacolo di luci che si mostra ai passanti è meraviglioso.
Si può vedere la vita attraverso le finestre, piccoli attimi rubati di mondi completamente nuovi ed estranei. Le finestre ti lasciano entrare nella vita degli altri, anche solo per un secondo, mentre passi di sfuggita in autobus.
Sono porte che si aprono su universi mutevoli, che si lasciano accarezzare dagli sguardi esterni in movimento, attimi di quotidianità privati e condivisi contemporaneamente.
Il calore che si irradia da questi momenti scalda il cuore, lo rilassa.

sera.


In una finestra si può vedere qualsiasi cosa, basta avere uno sguardo abbastanza minuto ed attento da potersi avvicinare senza essere notati.
In una finestra si può vedere di tutto.
Dagli angoli più confortevoli della vita fino a quelli più frenetici.
Si può scorgere il momento esatto in cui tutti iniziano a sentire quel piacevole pizzichio di calore dentro, e se lo godono fino in fondo.
Lo assaporano, lo gustano, ignorando che domani sarà un giorno di lavoro, di studio, di nuovi inizi.
Si possono osservare fugaci baci rubati, momenti di complicità, sguardi.
Una cena semplice, preparata con amore; qualcuno che legge un libro nell’angolo più nascosto e protetto della casa.
Qualcuno che si prepara per uscire, qualcuno appena tornato, carico di buste e sacchetti della spesa, e saluta il suo gatto, unico compagno di vita, felice di essere rincasato. Qualcun altro in attesa, di chi non ci è lecito saperlo.

Si può capire quanto la quotidianità delle persone non sia poi tanto distante dalla nostra, quanto siamo tutti più simili di quanto la nostra convinzione ci porti a credere.
In questa quiete, in questo attimo sospeso e fuori dall’incessante vortice del tempo, un’auto, con i suoi occhi caldi e gialli, è sulla strada, scegliendo proprio il momento perfetto per poter tornare a casa.
Nella quiete di una domenica pomeriggio, fredda come solo le domeniche di Gennaio sanno essere, fuori dalle finestre il mondo si dispiega ai nostri piedi. È l’attimo in cui la vita si apre davanti a noi, intravista tra le tende, in tutte le sue molteplici e variegate forme; in cui tutti sentiamo di essere connessi, legati, uniti anche semplicemente dal fatto di star condividendo un singolo secondo di vita.
È il momento in cui tutti pensiamo che le cose possano cambiare, che il domani sarà migliore e si, anche che il futuro, domani, sarà nostro.
Oggi è solo una semplice domenica pomeriggio.




Una nuova canzone suona sul campo di battaglia.

  Amo la mitologia, da sempre. Ho avuto la fortuna di avere una nonna magica che mi raccontava storie di dei ed eroi, al posto delle solite ...